Ho il piacere e l'onore di ospitare il mio amico Magar ed i suoi preziosi vinili. Questa è la volta di Happy Trails dei Quicksliver Messenger Service. Un album del 1969, etichetta CAPITOL RECORDS
Parlare dei Quicksilver Messenger Service, è come aprire la scatola delle meraviglie. Una scatola che era ubicata nella Bay Area, e più precisamente in quel di San Francisco, vero e proprio catalizzatore del movimento Psychedelico post Summer of Love.
Sono stati sicuramente la Band più originale ed innovativa di quel periodo, e non è poco se considerate i nomi con i quali confrontarli. La loro è una storia travagliata, fatta di grande musica e di peripezie di ogni genere, compresi svariati cambi di formazione.
"I Quicksilver Messenger Service si formarono nel clima culturale e musicale della San Francisco della metà degli anni sessanta, originariamente animati dal chitarrista Dino Valenti che aveva radunato attorno a sé un altro chitarrista di estrazione rock, John Cipollina, e il cantante e armonicista Jim Murray. A questo nucleo si unì un altro chitarrista, Gary Duncan, e la formazione fu completata dal bassista David Freiberg e da Greg Elmore alla batteria. Il progetto iniziale fu compromesso dall’arresto, per questioni legate alla droga, di Valenti che rimase in carcere per un anno e mezzo, ma i cinque membri rimasti proseguirono comunque a esibirsi nelle atmosfere psichedeliche della città californiana, spesso affiancando altri gruppi della scena musicale e conquistandosi un buon seguito di ammiratori. Parteciparono fra l’altro alla tre giorni del 4-6 febbraio 1966 assieme ai Jefferson Airplane, e si esibirono in occasione del Monterey Pop Festival, nel giugno dell’anno successivo.
Benché fossero considerati appartenere – assieme ai Jefferson Airplane e ai Grateful Dead – alla “prima generazione dei gruppi di San Francisco”, i Quicksilver non raggiunsero mai la popolarità delle altre due formazioni, in parte anche perché agli inizi della loro carriera si rifiutarono di produrre materiale registrato. Si decisero a incidere il primo album a fine 1967, quando anche Murray aveva abbandonato il gruppo per dedicarsi allo studio del sitar. Il disco d’esordio, Quicksilver Messenger Service, risente delle influenze degli Electric Flag e dello stile chitarristico di Mike Bloomfield, e in generale non rispose alle aspettative del pubblico. Di ben altro calibro Happy Trails, che mostra il duo chitarristico Cipollina-Duncan in forma smagliante; registrato in larga parte al Fillmore East e al Fillmore West, l’album è collocato dalla rivista Rolling Stone al posto 189 della classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi.
Susseguentemente, Duncan abbandonò il gruppo sostituito dal tastierista Nicky Hopkins, e con la nuova formazione venne inciso Shady Grove. Dal 1970 il gruppo andò incontro a vari rimaneggiamenti. Dapprima ritornarono Valenti – dopo una lontananza di tre anni – e Duncan; e la rinnovata formazione registrò Just for Love. Il successivo What About Me vide la presenza di Mark Naftalin al posto di Hopkins. In seguito a lasciare furono Cipollina e Freiberg (quest’ultimo, dopo una detenzione di un anno per possesso di marijuana, sarebbe confluito nei Jefferson Starship). Perciò i Quicksilver Messenger Service dovettero essere integrati dal bassista Mark Ryan e dal tastierista Chuck Steales, e con questa formazione registrarono Quicksilver e Comin’ Thru. I due dischi ebbero un riscontro insoddisfacente, e così il quintetto decise di sciogliersi. Nel 1975 Valenti, Duncan ed Elmore incisero assieme a Skip Olsen al basso e W. Michael Lewis alle tastiere l’album Solid Silver, giudicato monotono e poco rilevante anche se non privo di momenti di ricchezza emotiva.
Gary Duncan a due riprese cercò di ridare vita ai Quicksilver: la prima volta nel 1987, con la produzione dell’album Peace by Piece, e a metà degli anni novanta – dopo la morte di Cipollina e Valenti –, quando venne messo in commercio Shape Shifter, ma in entrambi i casi senza grande fortuna."
Immaginiamo per un attimo la San Francisco del 1969.Nello stesso anno e nello stesso luogo tre gruppi fondamentali producono tre pietre miliari indimenticabili: i Jefferson Airplane danno alla luce “Volunteers”, i Grateful Dead di Jerry Garcia il bellissimo “Live-Dead” e i Quicksilver Messenger Service il fantastico “Happy Trails”. Questi ultimi riescono a fondere la raffinatezza onirica delle session dei Grateful Dead, i suoni tipicamente ‘60s di Grace Slick e compagni, in particolare quelli del loro “After Bathing at Baxter’s”, ed un certo “hard-blues” caro a Cream e Ten Years After. Il tutto ovviamente con quel tocco di originalità che rende “Happy Trails” tanto importante.
Si accennava al fatto che il materiale dell'album fosse stato ricavato soprattutto da performance live, due in particolare: dai Fillmore East e West, anche se è difficile dire quali parti del disco dall'una e quali dall'altra. La prima sorpresa vera e propria arriva però da una scelta strategica: la decisione di dedicare tutto il primo lato a una sola canzone: "Who Do You Love?" di Bo Diddley. Trattasi della famosa "Who Do You Love Suite", di ben venticinque minuti e rotti. L'apertura è affidata quindi alla versione blues-rock caracollante del medesimo brano per poi proseguire con la prima variazione sul tema, "When You Love", in realtà caratterizzata dal lungo assolo di Duncan: e quando qui si parla di "assolo", sarebbe giusto dimenticare una volta per tutte i Van Halen o addirittura gli Allan Holdsworth di turno, quelli non erano certamente tempi e luoghi - la California nei Sixties - perché una sola nota andasse sprecata, tutto era al servizio dell'espressione o del viaggio in tal caso. Con "Where You Love" siamo infatti al primo vero capolavoro: un'improvvisazione per chitarre striscianti, in pratica la fase più introspettiva del trip, seppure magicamente accompagnata dall'interazione magnetica col pubblico. Difficile da definire: arte contemporanea? La realizzazione dell'happening definitivo? Lo si può immaginare il pubblico lì, a incitare la band e trasmetterle il pathos necessario alla risalita (naturalmente non c'era bisogno di parlare, tutto avveniva a un livello extralinguistico). E infatti "How You Love" non è nient'altro che un'esplosione estatica, stavolta segnata da John Cipollina. Con "Which Do You Love" e il basso di Freiberg torna un po' di calma seguita dal reprise del motivo portante, "Who Do You Love, Pt. 2", questa volta però suonata con maggiore "consapevolezza".
Ma i QMS hanno deciso di attingere da Bo Diddley ancora una volta, e quindi la seconda parte comincia con una versione stonata di "Mona", delle chitarre acide che più di così c'è solo "Dark Star". Fa capolino "Maiden Of The Cancer Moon", un grande pezzo di rock psichedelico che però ha la "sfortuna" di fare da ponte a un altro capolavoro dell'acid-rock: "Calvary". Dove siamo finiti improvvisamente? In un western? Sì, ma in uno spaghetti western, e cioè con tanto di orchestra morriconiana (timpani, gong, campane, strani strumenti a percussione ecc.) ad accompagnare le evoluzioni di Duncan che poi finisce - raggiunto l'apice - in uno stato mentale al confine con la catalessi - apparentemente, in realtà ricco di motivi subliminali che hanno a che fare semmai con la fine di qualcosa. "Happy Trails", quindi, la sigla finale del programma televisivo di Ray Rogers (e dell'album), i cowboy sono finiti davanti al bancone di un saloon - e finalmente bevono spensierati - oppure sono di ritorno da un altro viaggio, a cavallo del clip-clop percussivo. Il viaggio è finito, e con lui anche gli anni '60. Restano le emozioni, e la grande musica...
MAGAR
Who Do You Love? part 1 - 3:32 (Ellas McDaniel)
When Do You Love - 5:15 (Gary Duncan)
Where Do You Love - 6:07 (John Cipollina, Duncan, Greg Elmore, David Freiberg)
How Do You Love – 2:45 (Cipollina)
Which Do You Love - 1:49 (Freiberg)
Who Do You Love part 2 - (McDaniel)
Lato B
Mona - 7:01 (McDaniel)
Maiden of the Cancer Moon – 2:54 (Duncan)
Calvary - 13:31 (Duncan)
Happy Trails - 1:29 (Dale Evans)
John Cipollina - chitarra
Gary Duncan - chitarra, voce
David Freiberg - basso, chitarra, voce
Greg Elmore - batteria, percussioni
QUI L'ALBUM