venerdì 10 agosto 2018

STORIA DI UN IMPIEGATO di FABRIZIO DE ANDRE'


Un post di ANTEO




The man machine” dei Kraftwerk è un disco di quarant’anni fa. Eppure, anche oggi, nell’ascoltarlo non si può non pensare ad un mondo di fantascienza, di robot, alieni ed astronavi. Un disco sempre futurista, quindi. Un disco senza tempo. La grandezza delle grandi opere d’arte.
Anche “Storia di un impiegato” di De André, lo è.
Purtroppo.
Non fraintendete, il grande De André (che viene definitivo dei suoi circa-ammiratori “poeta” quando lui stesso non gradiva tale definizione, perché supponeva che l’esser musicista fosse un qualcosa di meno dall’esser poeta) ci ha dato un disco troppo grande forse anche per lui. Da un punto di vista musicale, è un capolavoro senza tempo, a prescindere da generi ed inclinazioni (io definisco il Nostro un artista neofolk, ma ha poi importanza la deriva masturbatoria delle etichette? Non credo): molto più orchestrale e meno strumentale di altri suoi gioielli, ma non per questo meno diretto e incisivo (bellissimi i pattern di batteria).
“Storia di un impiegato” è un concept album: un romanzo diviso in capitoli (i singoli brani) che racconta una storia. La storia, appunto, di un impiegato, che vive gli anni della contestazione del ‘68.
Si trova a metà, imprigionato in una realtà farsesca e “democristiana” in cui in maniera meccanica si ripete grazie a dio e buon natale, mantra ormai completamente epurati di qualsiasi significato, e in cui anche l’amore è mera apparenza e convenzione sociale.
Un impiegato che decide poi di ribellarsi al potere: rinchiudersi nel proprio sconforto e uscirne sotto forma di bombarolo.
Quel potere, era il potere che Pasolini definiva anarchico: non c’è nulla di più anarchico del potere, perché esso fa quel che vuole e si disinteressa di ogni cosa al di fuori di se stesso.
Quel potere monolitico, che a fronte del gesto estremo del protagonista, addirittura lo ringrazia, per averlo, appunto, rinnovato.
Oggidì, questo grande album ci dà un cattivo pensiero.
Sono tempi, questi, di bullismo istituzionale.
La sopraffazione è il logico sbocco del comportamento del “vincente”, dell’uomo che raccoglie consensi e speranze.
Non colui che dialoga, dibatte, argomenta, ma colui che sbatte il telefono in faccia.
Purtroppo, il nostro paese si distingue per una desolante carenza di cultura ed educazione, sbandierata quale fosse un vessillo di cui andar fieri contro professoroni e parrucconi, gente da schernire e allontanare a cui, ovviamente, vengono preferiti bovari e agresti (no, gli speciali della tv di stato sull’impero romano e su Dante non bastano a darci una parvenza di dignità).
Tanta ignoranza (i popoli hanno sempre i governanti che si meritano) porta ovviamente a vedere nell’arroganza e nella superstizione la buona creanza.
I vaccini? Un danno, un’imposizione di Roma sugli schiavi.
WiFi gratis? La risposta a tutto.
Si sente di gente (sono 9 casi in circa due mesi) che spara “per sbaglio” agli immigrati.
Si percepisce e viene eretto a valore morale ed istituzionale il generale disprezzo per il proprio simile umano (se poi un po’ più scuro di noi perde qualsivoglia dignità umana), rimpiazzato ormai da una frenesia (quasi) patologica per questo o quell’animale domestico.
L’importante sono i social, la nostra dimensione avataristica che ci permette di evitare una vita vera a contatto con gli altri, reali, nostri simili.
Il demiurgo è colui che odia, raglia, disprezza, difende il metro quadro col forcone: Egli è l’insegnamento.
Il timoniere non guarda le stelle, guarda in basso, dice “questo è mio”.
Dagli àscari non si pretende alcunché. Gente beata di aver votato ancora la sicurezza, la disciplina, che fa vanto dei propri limiti e verso cui, in generale, la propria pochezza costituisce la risposta migliore.
Come Faber, ce la prendiamo con chi continuava a ripetersi non sta succedendo niente, le fabbriche riapriranno, arresteranno qualche studente.
Ce la prendiamo con chi, o per ignavia o per paura o per comodo, ha fatto strada all’istituzionalizzazione dell’ignoranza, del becero individualismo, del (appunto) bullismo istituzionale, foriero dell’aggressione sociale come regola di condotta.
A quelli del “male minore”.
A quelli del “che vuoi che sia”.
A quelli del “se lo fanno tutti”.
Basta un dito puntato contro per perdere la propria dimensione di lavoratore, di cittadino, di essere umano.
Ma attenzione, perché se tanto basta, così come la famosa campana, quel dito potrà essere puntato contro di voi.
Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti.

Anteo

lunedì 9 luglio 2018

Rory Gallagher - A Million Miles Away





Sì, sono a un milione di miglia di distanza,

Sono a un milione di miglia di distanza,

Sto navigando come un driftwood,

In una baia ventosa,

In una baia ventosa.



Sono a un milione di miglia di distanza,

Sono a un milione di miglia di distanza,

Ma sto navigando come un driftwood,

In una baia ventosa,

In una baia ventosa.



Perché chiedi come mi sento,

Bene, come ti sembra?

Sono caduto gancio, linea e platino,

Ho perso il mio capitano e il mio equipaggio.



Sono in piedi sul pianerottolo

Non c'è nessuno tranne me

Ecco dove mi troverai,

Affacciato sul mare blu profondo.



C'è una canzone sulle labbra di tutti,

C'è un sorriso tutto intorno alla stanza,

C'è una conversazione traboccante,

Ma mi siedo qui con il blues.



Questo bar dell'hotel ha perso tutte le sue persone,

L'uomo del piano ha preso l'ultimo autobus a casa,

Il vecchio barista è appena crollato nell'angolo,

Perché sono ancora qui, non lo so,

Non lo so.


lunedì 18 giugno 2018

OZZY OSBORNE LIVE FIRENZE ROCKS 2018

Un post per  dimostrare che esisto ancora e che intendo fare continuare a vivere questo blog...Questa volta voglio condividere una testimonianza sull' Ozzy Osbourne Live Firenze Rocks 2018 inviata dal mio corrispondente ANTEO che collaborerà a tenere vivo e attivo "GUITARISTS".

La musica è passione, e la passione non ha gradazione: si prende tutto, e tutto ti dà.
Si va al firenze rocks, perché ci sono iron maiden, judas priest e ozzy. Si va, e si torna. Alle 3.30, poi si va in ufficio, ma non è importante. Tante volte non ho dormito per cose di cui non valeva la pena. Stavolta lo faccio col sorriso.
L'importante è esserci, essere una parte di quell'organismo vivente e movente, che respira e si muove insieme.
Sono tante le ore, in piedi e sotto al sole (benedetti quei soldi della protezione 50!), che mi separano dai Maiden, ma ho un bel diversivo, e si chiamano Helloween. Non mi piacciono, sono sincero, non li ho mai seguiti. Ma quanto sono bravi. Sanno suonare, e mi piace pensare che si stiano divertendo almeno quanto me.
Poi finalmente sento Churchill annunciare come e dove si deve combattere, ed ecco che, quando arriva lo spitfire, le ore all'in piedi per guadagnare una buona visuale vanno a gambe all'aria (come molti spettatori). Vabbè, aces high me la raccontate.
Lo spettacolo dei Maiden è un caleidoscopio: luci, colori e scenografie cambiano in un attimo tra un brano e l'altro.
Vorrei poter dire la stessa cosa dei Judas Priest, relegati però e purtroppo a meno di un'ora alle 17.30 di domenica. Non me ne vogliano gli Avenged Sevenfold, ma ho preferito andare a mangiare...
Fermi tutti, c'è Ozzy.
Avevo delle riserve, ma sono state disintegrate.
Uno show monumentale. Zakk Wylde (una chitarra, ma fa per due, tre, quattro...Zakk Wykde fa per tutti) fa di tutto: assoli dietro alla schiena, con i denti...fa tutto lui. Ancora un po' e mi riaccompagna pure a casa.
Sono 18 anni che, con gli amici di sempre, vado in giro per concerti. Ne avevamo 15 la prima volta, adesso ne abbiamo un po' di più. Ma mi emoziono ancora quando vedo signori di 40 e 50 anni saltare e cantare, sorridere e battere le mani, o un bambino dire al suo metal dad “papà, gli Iron Maiden non sono rock, sono rockissimi!” Nonostante l'assedio del digitale e tutto il resto, la musica è un linguaggio universale che qualcuno, fortunatamente, parla ancora.

Mai stato così felice di essere stanco.

[ ANTEO ]